venerdì 16 dicembre 2011

L'età del Bronzo in Italia Settentrionale

La cultura di Polada.

L'età del Bronzo in Italia comprende un periodo di oltre mille anni ed è convenzionalmente suddivisa (con datazioni approssimative) in:
  • Bronzo Antico (2200-1600 a.C.)
  • Bronzo Medio (1600-1300 a.C.)
  • Bronzo Recente  (1300-1200/1150)
  • Bronzo Finale (1200/1150-900 a.C.)
Durante l'antica età del Bronzo genti dalla comune matrice etnico-culturaleoccupavano tutta l'area benacense, il Trentino, gran parte della Lombardia e del Veneto. Queste popolazioni hanno espresso la più importante cultura dell'Italia settentrionale che gli archeologi hanno chiamato "cultura di Polada", dalla torbiera in comune di Lonato dove è stata individuata per la prima volta.
In quest'epoca vengono fondati moltissimi villaggi palafitticoli lungo le rive dei lago di Garda e dei piccoli bacini dell'anfiteatro morenico.  Nella fase più recente della cultura di Polada, numerosi insediamenti sorgono anche nella pianura tra le colline moreniche e il Po.
I villaggi dei Bronzo Antico sono molto piccoli, con una superficie non superiore all'ettaro e di conseguenza con una popolazione ristretta che non doveva superare le 200/300 persone.
Varie sono le spiegazioni fornite dagli studiosi del perché le genti del Bronzo scegliessero luoghi umidi per fondare i loro villaggi.  Forse molte sono le ragioni che concorrevano a questa scelta: l'abbondanza di risorse alimentari offerte dall'ambiente lacustre, la maggiore accessibilità delle zone perilacustri libere dal fitto manto boschivo che copriva il resto dei territorio, la fertilità delle fasce di terreno attorno ai piccoli laghi, ricco di limo carbonioso, leggero e facile da lavorare.  L'agricoltura e l'allevamento sono le basi dell'economia.  Si coltivano varie specie di frumento, orzo, lino; si allevano capre, pecore, bovi e maiali.  Negli insediamenti poladiani non è ancora documentato il cavallo.
Nei siti alpini, come Ledro e Fiavé, sono allevati soprattutto capri-ovini, mentre il maiale ha una presenza scarsa.  Per contro, i siti dell'anfiteatro morenico dei Garda, come il Lucone e Barche di Solferino, e di pianura, come Ostiano, offrono un'immagine di allevamento misto con una percentuale uniforme di ovicaprini, bovini e suini.
La caccia, la pesca, l'uccellagione e la raccolta di frutti selvatici contribuiscono ancora in modo non secondario all'alimentazione.  L'animale più cacciato è il cervo, ma i resti osteologici documentano anche il cinghiale, il capriolo, l'orso bruno di piccola taglia, il bue selvatico, la lepre e, nelle zone montane, il daino e il camoscio.  L'aspetto più noto della cultura materiale delle genti poladiane è senza dubbio la ceramica. Si tratta di recipienti foggiati a mano (il tornio non è ancora conosciuto), con un impasto ricco di inclusi litici e con una superficie spesso opaca e un po’ grezza, anche se non mancano vasi accuratamente lisciati.
Nelle fasi più antiche  le forme ceramiche sono piuttosto limitate, ma progressivamente si arricchiscono, così come la qualità dei prodotti tende a migliorare.
I recipienti più comuni sono boccali e tazze a corpo globoso e a base convessa e quelli tronco-conici a base piana, le anfore a corpo biconico-globoso, i grandi recipienti per le derrate alimentari a forma tronco-conica con cordunature orizzontali sulla parete e, spesso, con orlo multiforato.
Nelle fasi più recenti si diffondono tazze e boccali di forma più articolata, a profilo concavo-convesso, scodelle e scodelloni con corpo a calotta con piccola ansa a gomito e con presa con perforazione orizzontale. In questa epoca compare una decorazione a incisioni sottili o a file di punti molto caratteristica che, dalla località in cui venne in luce per la prima volta, prende il nome di Stile di Barche di Solferino. Il motivo più diffuso è quello della croce greca sul fondo esterno degli scodelloni.
L'attenzione degli artigiani poladiani agli aspetti estetici della loro produzione ceramica è testimoniata anche dalle decorazioni con incrostazioni di pasta bianca con cui vengono riempite le incisioni praticate nell'argilla fresca dei vasi.
Alle fasi recenti della cultura di Polada sono attribuiti alcuni oggetti di terracotta di forma ovale, rettangolare o ellissoidale, che recano su una faccia file parallele di motivi impressi, le cosiddette tavolette enigmatiche, di cui due esemplari provenienti dal Lavagnone sono qui esposti.  Nonostante siano state proposte numerose interpretazioni, (sigilli per marchiare merci, stampi per tatuaggi o dipinture di stoffe, forme per microfusioni di oreficerie, oggetti di culto o legati al mondo della magia), il loro significato ci sfugge interamente.
Dei riti funerari delle genti di Polada sappiamo ancora molto poco.  Una piccola necropoli scoperta a Romagnano-Loc nel Trentino e qualche tomba isolata consentono di affermare l'uso eclusivo dell'inumazione e la frequente utilizzazione dei ripari rocciosi.
Al S. Martino di Lecco un inumato presentava una trapanazione cranica, mentre in una tomba ritrovata a Romagnano mancava il cranio.  Poiché in molte palafitte (Barche, Bande, Lucone, Fiavè, lo stesso Lavagnone) sono stati ritrovati crani isolati, si può ipotizzare un culto dei crani, che venivano staccati dallo scheletro e conservati in particolari zone dell'abitato.

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