venerdì 16 dicembre 2011

L'età del Bronzo in Italia Settentrionale 2

LE PALAFITTE
Per costruire i loro villaggi le comunità dell'età dei Bronzo sceglievano di preferenza le zone umide come le rive dei laghi, dei piccoli bacini lacustri inframorenici e dei fiumi. 
Questi abitati vengono convenzionalmente chiamati "palafitte", perché le capanne sono costruite su una selva di pali profondamente infissi nel terreno. 
Esistono diverse ipotesi su come si presentavano i villaggi palafitticoli.  In realtà non sappiamo esattamente come fossero costruiti. 
Si incominciò a parlare di palafitte in Svizzera verso la metà dell"800 quando, nel freddissimo inverno dei 1853 - 1854, un sensibile abbassamento dei livello dei laghi fece affiorare numerosi campi di pali. 
Ferdinand Keller fu il primo studioso ad elaborare un'ipotesi sulla natura degli abitati palafitticoli: questi villaggi sarebbero sorti su un impalcato aereo continuo, sorretto da pali infissi direttamente nel fondo del lago, ad una certa distanza da riva; una passerella - ponticello avrebbe collegato l'abitato alla terraferma. 
Questa immagine di palafitta non è unicamente frutto di fantasia.  Infatti per elaborare la sua ipotesi, il Keller si era ispirato alle rappresentazioni di villaggi palafitticoli della Nuova Guinea e dell'Indonesia pubblicati qualche decennio prima dall'esploratore francese Dumont d'Urville.  La romantica ricostruzione del Keller ebbe un'immensa fortuna e diede origine a un'iconografia che conobbe una grande popolarità. 
Il Keller aveva trovato sostegno alla propria ipotesi anche in un passo dello storico greco Erodoto (V sec. a.C.) che descrive un villaggio palafitticolo sulle rive dei lago Prasiade in Macedonia (Storie, V, 1 6). 
Lo schema del Keller venne ritenuto valido per molti decenni finché nuovi scavi negli abitati dei lago di Neuchâtel, dei Federsee nelle Prealpi svevo - bavaresi e in altri siti rivelarono una realtà molto più complessa: non tutti i villaggi sorgevano direttamente sullo specchio lacustre e le caratteristiche costruttive variavano da villaggio a villaggio. 
Nel 1954, a cento anni dalle ricerche dei Keller, un altro studioso svizzero, E. Vogt, avanzò una diversa ipotesi secondo la quale gli abitati palafitticoli sarebbero sorti sulla terraferma.  Gli scavi condotti al Federsee infatti hanno messo in luce una realtà opposta a quella immaginata dal Keller.  I villaggi costruiti sulla terraferma erano stati abbandonati in seguito all'innalzamento dei livello dei laghi.  Anche gli abitati neolitici scavati a Burgäschi Sud (Solothurn) e a Egolzwil (Lucerna) erano stati costruiti sulle rive del lago e non all'interno del bacino. 
Le indagini degli ultimi 20 anni, con il determinante contributo della dendrocronologia, hanno permesso di accertare che non esiste un unico modello in grado di spiegare la natura di tutti i siti, dal momento che ogni abitato doveva rispondere a specifiche esigenze ambientali. 
Oggi, i dati raccolti nel corso degli scavi e lo studio dell'ambiente e delle sue trasformazioni consentono di stabilire se un insediamento sorgeva sulla terraferma in prossimità della linea di riva, sulla riva stessa in una fascia di terreno che poteva essere esondato per un certo periodo dell'anno, permanentemente in acqua a breve distanza dalla riva, oppure ancora in parte all'asciutto e in parte in una zona periodicamente allagata. 
Infine, sulla base delle strutture conservate e del tipo di stratificazione archeologica si possono ottenere documentazioni dirette o indirette sulle caratteristiche costruttive: con piano pavimentale appoggiato al suolo leggermente sopraelevato, oppure con case ad impalcato aereo sostenuto da pali. 
Non ha invece ancora trovato una risposta definitiva il quesito del perché le popolazioni preistoriche scegliessero ambienti umidi per i loro insediamenti.

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